martedì 16 dicembre 2008

Elogio delle agenzie

Sembra la solita crisi del settimo anno, solo che qui i matrimoni non c’entrano. Dopo 7 anni di lavoro come traduttore indipendente sto scoprendo verità nascoste. Finora nel traduttore indipendente avevo visto la figura di un eroe del nostro tempo, che si avventura da solo nella giungla piena d’insidie di un marketing sempre difficile, una specie di Sigfrido wagneriano senza paura. Recentemente però, dopo che ho affidato ad altri colleghi, che poi in realtà erano colleghe, il compito di fare il duro lavoro di traduzione, ed ho riservato a me stesso il compito di revisore, c'è stato un ribaltamento di prospettive. Intanto mi sono autoinvestito come direttore o capo-team, non ho avuto molti rimorsi di coscienza nel fare del caporalato, e in più ci ho preso gusto. Chi ha detto che le agenzie di traduzione sono cattive? C’è sempre un bel po’ di lavoro di revisione da fare e per quanto mi riguarda in questa unica occasione il ruolo di agente mi ha dato un po' di autostima in più. Insomma mi pento se in passato ho forse avuto parole derisorie nei confronti delle agenzie di traduzione. Come San Paolo sulla via di Damasco colpito dal fulmine cade da cavallo e ha l’illuminazione, anch’io ora dico: le agenzie sono buone! Agenzie di tutto il mondo perdonatemi. Voglio essere uno di voi. Basta eroismi solitari alla Sigfrido, ora voglio diventare uno Shylock della traduzione, anzi penso di traslocare il mio business in uno sgabuzzino della periferia del Cairo per risparmiare sulle spese fisse, mantenendo al tempo stesso un caravanserraglio di traduttori (che se poi sono traduttrici non dipenderà da me), e convertirmi alla ineffabile filosofia mediorientale secondo la quale lavorare è negativo, far lavorare gli altri è il bene supremo.

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